Quando nei primi anni ’00 nacquero i blog, le aziende che avevano iniziato a intuire il potenziale del digitale capirono abbastanza in fretta l’efficacia di contenuti utili e informativi per attrarre il proprio pubblico potenziale. Iniziarono a fiorire i corporate blog e lo sterile comunicato stampa dell’azienda veniva sostituito da contenuti di nicchia, interessanti e utili da leggere: prendeva forma il content marketing, che ci avrebbe accompagnato fin qui.
Microsoft e Macromedia (ora Adobe) furono fra le primissime aziende a chiedere ad alcuni dipendenti di produrre contenuti utili, dedicati ai propri software e orientati ai loro utilizzatori, ma è famoso anche il caso di Stonyfield, azienda americana che produce yogurt biologico, che avviò addirittura una serie di blog, tra cui uno dedicato alla salute dei bambini ed uno tenuto direttamente da un agricoltore biologico. Ben presto ci si rese conto che i contenuti rilevanti si traducevano in conversioni: nel mondo online ancora tutto da inventare, creare contenuti utili e interessanti per i navigatori della rete portava visite ai siti grazie ai motori di ricerca, e le visite si traducevano spesso in vendite.
Tra il 2005 e il 2008 nacquero ed esplosero i social network, che fecero evidentemente leva su questa tendenza, diventando rapidamente il luogo primario dove pubblicare contenuti per raggiungere gli utenti che iniziavano a popolarli. I brand iniziavano a costruire piani editoriali che prevedevano contenuti lunghi pubblicati sui siti e rilanciati su queste piattaforme, ma anche e soprattutto contenuti più agili e brevi pubblicati nativamente su Facebook e Twitter, che presero largamente il sopravvento. Nasceva anche Youtube, e con esso il fenomeno dei video virali, quasi sempre creati da individui esterni ai brand, e straordinariamente efficaci per creare fiammate di interesse (positivo, ma anche negativo) nei confronti di specifici prodotti.
Il successo travolgente ma effimero dei video virali convinse molte aziende della straordinaria efficacia del contenuto video, e per controllarne l’impatto e sfruttarne il potere avviarono partnership con famosi Youtuber, ma soprattutto iniziarono a creare contenuti più maturi e focalizzati sugli interessi dei propri utenti potenziali. Uno dei casi più interessanti è proprio quello di Stonyfield, che facendo leva sulla propria tradizione di creazione di contenuti, ha un canale Youtube che propone ricette da realizzare con i suoi prodotti, ma anche i racconti di iniziative sociali per combattere pesticidi e altre pratiche non organiche.
Ma sono ormai centinaia gli esempi virtuosi di brand che utilizzando con successo il video content marketing per promuoversi: da Salomon, un noto brand sportivo francese che racconta splendide storie di atleti che utilizzano le sue scarpe da trail running, fino alla divertente storia della macelleria La Costata di Segrate che per un breve periodo ha pubblicato ricette interpretate dagli stessi proprietari della macelleria, o il caso di New Bike Reggio Emilia che con i suoi 7000+ iscritti è uno degli imprescindibili riferimenti online per i ciclisti, con consigli utili per la scelta e la manutenzione della propria bicicletta.
I casi di successo dell’utilizzo di contenuti interessanti per attrarre potenziali nuovi clienti sono moltissimi, e il valore aggiunto di empatia e calore offerto dal video è ampiamente noto e sperimentato. Inoltre, Facebook e Youtube continuano a valorizzare video più lunghi, di qualità, pubblicati con costanza e con buona periodicità. Tuttavia il timore di molte aziende e professionisti è che i costi per avviare (e mantenere!) una strategia editoriale basata sui contenuti video non valgano i risultati potenziali, e quindi desistono, anche a causa di esperienze fallimentari.
Purtroppo il mercato della produzione dei video è un mercato spesso passivo, dove i service tendono ad offrire tecnicalità a costo di listino con scarsa consulenza attiva centrata su un progetto; le agenzie di comunicazione tendono a controllare la filiera mantenendo alti margini e trascurando – in molti casi – potenzialità e rischi presenti nell’esecuzione pratica di queste produzioni; le competenze interne delle aziende sono invece spesso isolate e senza guida, in molti casi con formazione approssimativa e un orientamento all’acquisto del software o dell’hardware che “risolve il problema”. Per queste ragioni, la strada migliore per creare contenuti video rilevanti e di qualità è quella di affidarsi ad un partner in grado di creare un progetto organico a lungo termine e produrne i relativi contenuti, ottimizzando i costi e, quando possibile, valorizzando le competenze interne di un’azienda.
Torneremo a parlare di video content marketing in altri post 😀
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